Capita talvolta di avvertire quel fastidioso senso di giramento alla testa, spesso genericamente ricondotto ad indigestioni, errate abitudini alimentari o a problemi del collo-colonna cervicale. In realtà è l’esame dell’apparato vestibolare eseguito dall’otorino il momento in cui il paziente riesce a far luce sulle reali cause delle vertigini e al tempo stesso trovare la soluzione per questo sintomo così invalidante. Molteplici sono le patologie in grado di determinare vertigine o disturbi dell’equilibrio tra cui: infezioni dell’orecchio medio ed interno (otiti, labirintiti), malattia di Meniere, artrosi cervicale, patologie neurologiche, ipertensione arteriosa, cardiopatie. Una delle forme piu’ frequenti di vertigine legate al cambiamento di posizione della testa è la vertigine parossistica posizionale benigna (VPPB) anche chiamata Cupololitiasi. Il nome stesso di questa vertigine ne definisce la sue caratteristiche: essa infatti si manifesta con crisi parossistiche, ossia intense ma di breve durata (qualche secondo), scatenate da una particolare posizione della testa (in genere con la estensione della testa o la rotazione su un lato, come quando ci si alza o si corica nel letto o quando ci si gira nel letto oppure con la flessione del capo ad esempio nell’allacciarsi le scarpe, lavarsi i denti o la faccia, raccogliere oggetti). Questa vertigine è ben riconoscibile anche dal paziente stesso in quanto insorge rapidamente e in maniera violenta dopo il movimento e la rotazione della testa su un fianco, e si accompagna a sensazione di rovesciamento o sprofondamento spesso accompagnata da nausea, sudorazione e palpitazioni.
La VPPB viene definita benigna perché dopo un certo numero di giorni e dopo aver eseguito la cosiddetta manovra liberatoria le crisi di vertigini si attenuano e scompaiono.
Tale vertigine viene spesso attribuita ad altre cause e la diagnosi esatta viene formulata dopo molto tempo e dopo esclusione di diverse altre patologie. Il motivo principale è legato probabilmente nella ancora insufficiente conoscenza da parte di alcuni medici di questa patologia, essendo la cupololitiasi completamente definita e studiata dal punto di vista scientifico solo da pochi anni.
Può colpire entrambi i sessi, ma è stata riscontrata una maggiore incidenza nel sesso femminile e nella fascia di età compresa tra i 25 ed i 60 anni.
La causa della cupololitiasi consiste nel distacco di alcuni piccoli cristalli di carbonato di calcio (in pratica di microscopici sassolini, da cui il termine di cupolo-litiasi), che si trovano normalmente fissati in una parte del labirinto vestibolare (le macule labirintiche dell’utricolo e del sacculo) e che, in condizioni normali, servono ad inviare continuamente informazioni al cervello sulla posizione della testa nello spazio e quindi a mantenere la stazione eretta.
Una volta distaccati però, in seguito ai movimenti della testa, questi sassolini (otoliti), si depositano sulla cupola di un canale semicircolare, rendendo la cupola sensibile agli stimoli gravitazionali (cupololitiasi), o fluttuano liberi nel liquido endolinfatico di un canale sotto le forze di gravità e le accelerazioni angolari del capo (canalolitiasi), in entrambi i casi stimolando e provocando violente vertigini di breve durata. La risoluzione della vertigine si ha con l’esecuzione di una cosiddetta manovra liberatoria che riposiziona i sassolini al loro posto.
E’ possibile comunque che a distanza di tempo dalla guarigione, possa ricomparire una crisi di vertigine per un nuovo distacco di frammenti di otoliti, in genere ben riconoscibili dal paziente per le medesime caratteristiche di presentazione dei sintomi; in tale caso è utile tornare il prima possibile dal proprio otorino per eseguire una nuova manovra liberatoria in grado di risolvere precocemente la recidiva di malattia.
Per molti anni, e talvolta ancora oggi, si era ritenuto erroneamente che tali disturbi potessero derivare dall’artrosi cervicale, una sindrome vertiginosa che per alcuni aspetti somiglia alla VPPB ma che ne differisce significativamente per modalità patogenetiche, prognosi e terapia.
La prescrizione di altri esami, quali l’eco-doppler dei vasi epiaortici, la radiografia del rachide cervicale, alcuni esami ematochimici, il controllo della pressione arteriosa, la Risonanza Magnetica encefalica, o l’esecuzione di altre consulenze specialistiche possono essere di ausilio nell’escludere patologie concomitanti o nell’individuare fattori favorenti, ma devono essere richiesti e valutati caso per caso dallo specialista otorino.
Le cause del distacco degli otoliti sono molteplici (traumatiche, vascolari, farmacologiche, stress, infettive, etc), ma è sempre il medesimo l’aspetto fisiopatologico, clinico-terapeutico ed i meccanismi di compenso. Molto frequenti i distacchi di otoliti dovuti a traumi sportivi (salto, corsa, tuffi) o traumi della strada (colpo di frusta), in cui il meccanismo lesivo è direttamente legato al micro/macro trauma sull’apparato cranio-cervicale con ripercussioni a livello vestibolare.
La TERAPIA farmacologica ha un significato di supporto ed è spesso utile nel trattamento dei sintomi di accompagnamento della VPPB; la cura risolutiva consiste invece, come detto, in una manovra eseguita dall’otorino, ponendo il paziente sul lettino e guidandolo in alcuni precisi movimenti (manovra liberatoria) che porta al riposizionamento degli otoliti al loro posto corretto nel labirinto, facendoli fuoriuscire dai canali semicircolari. La manovra deve essere ripetuta dopo alcuni giorni per verificare la guarigione della VPPB o per liberare eventuali otoliti residui nel canale semicircolare interessato; in casi più rari di VPPB che coinvolge i canali semicircolari orizzontali, alla manovra liberatoria deve seguire una ginnastica particolare, tipo “riabilitazione (o rieducazione) vestibolare”, che il paziente deve eseguire a casa propria, dopo aver ricevuto precise istruzioni, per alcuni giorni consecutivi (esercizi di Brandt-Daroff). Si tratta di una serie di esercizi, eseguiti quotidianamente e per diversi giorni al bordo del proprio letto, che “insegnano” al sistema vestibolare ad abituarsi a particolari stimoli e a “ricalibrare” l’intero sistema dell’equilibrio, sfruttandone la plasticita’ intrinseca nell’adattamento alle vertigini.
L’abuso dei tradizionali farmaci antivertiginosi senza l’esecuzione della manovra liberatoria e le limitazioni volontarie del movimento (con o senza immobilizzazione della cervicale con collare) rallentano la guarigione e determinano quasi sempre problemi posturali secondari (rigidità cervicale, mal di testa e contrazioni paravertebrali abnormi del collo e della schiena). In ogni caso, per ottenere una rapida e duratura guarigione dalla VPPB, bisogna evitare che il paziente resti bloccato, anche psicologicamente, dalla paura di nuove crisi di vertigine, bensì potrà muoversi liberamente nella vita quotidiana, a patto che eviti i bruschi movimenti del capo e del collo (flessione/estensione, rotazione, etc) e che cerchi di dormire nel letto riposando sul fianco sano (per impedire il nuovo ingresso di otoliti nel canale e, al contrario, favorirne la fuoriuscita anche per forza di gravità), evitando più che altro di compiere il movimento scatenante in grado di provocare la vertigine, spesso eseguito involontariamente durante il riposo a letto.
Otorinolaringoiatra, Audiologo
Ospedale S.Eugenio-Roma
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